Psicoterapia della Gestalt | Compassion Focused Therapy | Mindfulness | EMDR

Cristiana D'Orsi

Psicologa | Psicoterapeuta | Psicologa del Lavoro

Perfezionismo: l’arte di farsi a fette

”Le persone perfette non combattono, non mentono, non commettono errori e non esistono.”   (Aristotele)

Tanto tempo fa ho letto un piccolo libro il cui titolo mi è rimasto impresso: Vincere sbagliando. Ma come è possibile? Direbbe chi è artefice e vittima allo stesso tempo della perfezione, dell’essere perfetti.

In effetti si può finire a fette quando l’attenzione all’ordine, alla precisione, al compimento di attività e di obiettivi domina nelle persone che vivono con richieste sempre più elevate e sfide incessanti, al fine di eccellere, conquistare un’immagine positiva e vincente. Queste persone spesso sono insoddisfatte, alla continua ricerca di qualche cosa, per cui c’è sempre da fare qualcosa e si può sempre farlo meglio. Rischiano molto, tanto quanto stimolante e avvincente è la possibilità di perseguire standard elevati (nella vita professionale, nella scuola e negli studi, nelle relazioni sentimentali, nella relazione con se stessi, nello sport). Sono persone che mal sopportano lacune, nei e ombre nel loro operato, errori e insuccessi nella loro prestazione, tanto da essere sempre rivolti con lo sguardo alla meta. Peccato che una volta raggiunta non è così appagante come credevano e quindi si mettono in moto per un altro traguardo.

E così queste persone non finiscono mai, o meglio possono sfinirsi, fino all’esaurimento, senza rendersene conto, quando ormai è troppo tardi e i livelli di stress e di burn out sono tali da sentirsi esausti, privi di energia, bruciati appunti.

Un conto è la tensione e il desiderio di migliorarsi e di progredire, con un atteggiamento costruttivo. Altro è lo stato in cui i livelli di controllo e di vigilanza si alzano, non ci si permette di sbagliare e ci si impone criteri di impeccabilità. Il perfezionismo è correlato ad un maggior rischio di dipendenza dal lavoro (workhaholic), di essere intossicati dalla prestazione da dare, con sintomi depressivi, di ansia e bassa qualità della vita.

Come guarire dalla smania di eccellenza?

  1. capire prima di tutto quale è il proprio livello di perfezionismo: se evitiamo di invitare amici in casa per non scomporre l’ordine cui teniamo, facciamoci qualche domanda.
  2. capire la ragione del nostro essere perfetti: siamo severi e critici con noi stessi, crediamo di essere accettati solo se siamo senza macchia?
  3. gustare il viaggio che porta alla meta, anziché guardare solo alla meta, all’ideale che ha solo il compito di ispirarci e di stimolarci.
  4. rispettarci e perdonarci gli errori, le mancanze, essere benevoli e anche clementi con noi stessi, anziché giudici ipercritici.
  5. considerare il tempo che dedichiamo ad un solo compito, ripetendo e rifacendo sempre lo stesso lavoro, anziché andare avanti, evitando di fissarsi sui dettagli.
  6. valorizzare ciò che abbiamo già fatto e conseguito, anziché fissare lo sguardo su cosa manca. E considerare che c’è sempre una soluzione, un rimedio all’errore per cui essere proattivi impegnandosi in altro.
  7. delegare affidandosi anche agli altri e facendosi aiutare.
  8. celebrare i successi, le vittorie, i progressi come segno di autostima e giusto autocompiacimento, serve all’umore e serve a riconoscere che ce l’abbiamo fatta, senza farci a fette.
Perfezionismo: l’arte di farsi a fette
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