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Cristiana D'Orsi

Psicologa | Psicoterapeuta | Psicologa del Lavoro

Vincitori e perdenti e la felicità

«La felicità è legata al sistema gratificazione-frustrazione» spiega Vittorino Andreoli, tra i più autorevoli e stimati psichiatri italiani, «un meccanismo comune a tutte le specie viventi e fondamentale per la sopravvivenza. Essere gratificati significa essere apprezzati e mostrarsi vincenti davanti agli altri. La frustrazione, al contrario, è una disposizione d’animo che si avverte di fronte a un fallimento. Per sopravvivere, Darwin insegna, bisogna essere vincenti: essere felici vuol dire, in quel determinato momento, essere vincente.
La depressione (ovvero un continuo stato di frustrazione) porta invece spesso al suicidio e quindi all’auto-annientamento».

 

La felicità non sembra apparentemente legata a una necessità di sopravvivenza. Un atteggiamento positivo ci permette di osservare la realtà con occhi più attenti, e cogliere particolari che quando siamo un po’ giù ci sfuggono da sotto il naso. Essere felici ne porta anche uno più “concreto”. Gli irriducibili del buonumore sembrerebbero infatti più capaci di far fronte ai malanni di stagione perché dotati di migliori difese immunitarie. Ma come si può spiegare l’effetto benefico della felicità sulla salute? «Questo fenomeno è legato a due meccanismi» spiega Vittorino Andreoli, psichiatra e scrittore, «il primo consiste nella produzione di endorfine, il “linguaggio biologico” che si accompagna al sentimento del piacere: se ne bloccassimo la produzione, saremmo freddi, incapaci di provare piacere e felicità. Il secondo prende spunto da un famoso esperimento degli anni Sessanta, in cui è emerso che le donne che avevano subito un lutto sviluppavano tumori al seno con frequenza superiore rispetto a donne che non l’avevano subito. I sentimenti quindi agiscono sul sistema immunitario, che oltre a vigilare contro gli agenti infettivi, è addetto anche alla moltiplicazione cellulare (essenziale per lo sviluppo di masse tumorali). Una persona felice va incontro in maniera minore a malattie somatiche e difende così la salute dell’organismo, che risponde con uno stato di benessere generale. Si instaura insomma, una sorta di “circolo virtuoso. «Un atteggiamento positivo è in un certo senso un segnale evolutivo che ci informa a livello subconscio che la situazione che stiamo vivendo è sicura e priva di pericoli». Se una gravidanza all’insegna del buonumore influisce positivamente sulla salute del feto (e al contrario, ansia e depressione facilitano il passaggio del cortisolo, l’ormone dello stress, attraverso la placenta rallentando lo sviluppo cerebrale del nascituro).

Esercizio quotidiano
La felicità si può “allenare”, proprio come i muscoli in palestra. In un recente esperimento Barbara Fredrickson dell’Università del North Carolina ha sottoposto un gruppo di volontari a un training quotidiano di meditazione incentrato sul pensare positivamente a uno dei propri cari, per poi estendere progressivamente quei sentimenti positivi a persone alle quali non ci si sente altrettanto vicini. Dopo un periodo di 7 settimane (con un allenamento quotidiano di qualche minuto) i partecipanti hanno dimostrato di aver raggiunto livelli più alti di gioia, speranza, gratitudine, e anche migliori relazioni con gli altri rispetto al gruppo di controllo. Questi cambiamenti positivi sono continuati per alcuni giorni anche dopo la fine della terapia. La felcità è nel sangue e nel cuore: Chi si dichiara “più felice” presenta anche livelli più bassi di cortisolo (un ormone associato a disturbi come l’ipertensione) e una migliore salute cardiovascolare (battito cardiaco più lento, minori rischi di problemi alle coronarie). Lo studio sembrerebbe insomma confermare scientificamente quello che dicevano i nostri nonni: se sei felice stai anche bene di salute, e viceversa. (fonte: Focus, 2010)
Vincitori e perdenti e la felicità
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